domenica 29 settembre 2013

L'aumento dell'IVA andrà a pagare i costi della crisi di governo

Sabato 28 settembre 2013  Berlusconi ha ordinato ai suoi ministri di dimettersi, dando inizio ufficialmente alla crisi di governo.
Il motivo ufficiale è che non voleva aumentare l'IVA, tradendo così i propri elettori (come se non fosse mai accaduto) e il sottoscritto ha deciso di far finta di credere a questa versione. Gesto eroico del PdL? No, al contrario. Le conseguenze saranno molto più gravi e costose.

Prima di tutto, per evitare/rinviare l'aumento dell'IVA previsto serviva circa 1 miliardo di euro. Se avessero voluto, questi soldi li avrebbero trovati nel giro di poche settimane come avevo indicato qualche mesetto fa, ma la distrazione di un condannato e la mancanza di volontà politica hanno preso il sopravvento e i soldi dal lato della spesa non si sono tagliati.
Si parlava di aumentare altro (tipico gioco delle tre carte made in italy) come benzina, il che sarebbe stato fin peggio (oltre alla solita presa per i fondelli). Oggi sono però tutti discorsi inutili. Il rischio ora è che venga annullato tutto ciò che di buono-brutto è stato fatto in questi mesi, se non di più.

La cosa curiosa però è che i soldi per evitare l'aumento dell'IVA, li spenderemo comunque! Anzi, i soldi che incasseremo da essa andranno a pagare i costi della crisi di governo!

Il motivo è semplice. Ipotizziamo elezioni a febbraio: i soli costi di nuove elezioni ammonteranno a circa 400 milioni di euro, poco meno della metà della cifra necessaria per evitarne l'aumento. Ma purtroppo non finisce qui. C'è infatti il fattore "instabilità politica" che influisce sul costo del nostro debito pubblico (il famoso spread, ricordate?) e che già stavamo pagando prima (vedi confronto con bonos spagnoli).


Considerando che da qui a marzo 2014 abbiamo circa 150 miliardi di debito pubblico da emettere, se lo spread dei nostri titoli di stato aumentasse anche solo di 50 punti base (0.5%), la spesa extra in interessi ammonterebbe a 750 milioni di euro annui. Se sommiamo questi ai 400 milioni circa, ecco che otteniamo 1.1 miliardi, più o meno la cifra che sarebbe servita per evitare l'aumento dell'IVA (che ricordo essere la causa ufficiale della crisi di governo). E 50 punti base in media da qui a marzo non sono cosa impossibile, anzi, il rischio è che siano più alti ancora.

Tra l'altro, ricordo che per adesso la legge elettorale non è cambiata, ergo il nuovo governo potrebbe aver bisogno di alcuni mesi per esser formato, il che potrebbe incidere sulla durata del rialzo dello spread. Se mantenessimo i nostri 50 punti base in più e ipotizzassimo il formarsi di un nuovo governo a giugno, il debito da rinnovare ammonterebbe a circa 240 miliardi, ovvero 1.7 miliardi in più di spesa per interessi. Aggiungiamo i nostri 400 milioni di costi per nuove elezioni et voilà, abbiamo speso il doppio rispetto alla cifra per evitare l'aumento dell'IVA.

In totale, l'anno prossimo rischieremmo di dover pagare quell'1% dell'IVA in più programmato, più un ennesimo aumento di qualche tassa a caso per coprire i costi di questa crisi di governo.
Ma Berlusconi lo ha fatto nell'interesse dell'Italia e di noi cittadini. Ricordatevelo.

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venerdì 27 settembre 2013

#boicottabarilla? No grazie

Prendi un imprenditore italiano (o meglio, il figlio di un imprenditore italiano), un'intervista su un tema molto scottante e quella strana cosa chiamata "marketing" e di sicuro avrai un caso in cui due tifoserie si scanneranno a colpi di commenti, messaggi, post e tweets.

Guido Barilla questo lo sa bene, perchè proprio stupido non è, e ha sfruttato l'occasione. Oggi tutti parlano della pasta Barilla, chi bene, chi male...chi in modo distaccato, ridendoci su ironizzando sulla cosa (come il sottoscritto)


Considerando il caos mediatico creato, non posso però tirarmi indietro dal fare una mia personale analisi sull'accaduto.

Prima di tutto ribadisco che trovo le dichiarazioni un puro e semplice atto volto a far parlare di sè. Una sorta di guerriglia marketing molto aggressivo, volto a far parlare di sè ed a creare una sorta di scontro mediatico creando tutta una sorta di brand lovers (sia di Barilla che della famiglia tradizionale) che protesta e attacca gli haters (quelli appunto de "#boicottabarilla"). Sarà curioso vedere l'effetto di tutto questo caos sulle vendite. E' difficile prevedere il risultato. Di sicuro è una mossa rischiosa, vedremo.

C'è poi un'altra questione sempre legata al marketing, ovvero il target di vendita di un prodotto. Barilla, per tradizione, punta alla famiglia chiamiamola "tradizionale" e lo ha sempre mostrato nelle sue pubblicità. E' una scelta che guardando ai risultati direi molto azzeccata. "Dove c'è Barilla c'è casa", e per casa si intende famiglia con padre, madre e figli. Gli spot sono rivolti a questo target e non, ad esempio, al 30enne single che vive da solo. Non c'è nulla di strano o sbagliato in questa scelta.

Veniamo poi all'ultima questione: la libertà di espressione. Guido Barilla potrebbe aver anche o solamente espresso una sua opinione sul concetto di famiglia: per lui la famiglia è formata da un padre e una madre con figli.. 
D'altronde è stato chiaro: "la nostra è una famiglia classica dove la donna ha un ruolo fondamentale". E' la sua idea, condivisibile o meno.
E' libertà d'espressione, ed è sacra fintanto non sia offensiva. L'imprenditore non ha insultato le coppie gay o ha mandato in onda uno spot in cui in qualche modo mancava di rispetto a loro. Trovo tutta la polemica estremamente sciocca ed inutile in un Paese che sta diventando "bigotto" sia in chi tutela la tradizione sia paradossalmente in chi quella tradizione la combatte quasi fosse una religione farlo (rischiando di essere più liberticida dei primi).

Ed è per questo che non boicotterò la pasta Barilla. Se vorrò o no comprarla, sarà per il rapporto qualità/prezzo dei suoi prodotti perchè ques0ta polemica proprio non mi tocca.

Ha ragione Selvaggia Lucarelli nel dire  
"Mi preoccuperei se Guido Barilla non assumesse lavoratori gay nella sua azienda, mentre immagino che ce ne siano molti e immagino pure che l’idea del boicottaggio non li entusiasmi per niente. Io continuerò a comprare la pasta Barilla, se capita, e vi dirò di più: continuerò a guardare i loro spot con famiglie in cui non mi riconosco perchè non vedo gay ma non vedo manco donne single che cenano con i figli. Ma chissenefrega."
così come ha ragione un ragazzo straniero che ha commentato il messaggio scritto su Facebook da Guido Barilla sulla fanpage dell'azienda:
"As a homosexual, I'm not offended. It's Guido's privilege to feel this way. just as it's my privilege to not purchase his pastas and sauces." (Da omosessuale, non sono offeso. E' un privilegio di Guido sentirsi in questo modo, così come è un mio privilegio non comprare la sua pasta e i suoi sughi")

 Mai commento più intelligente fu scritto su questo tema. Il resto è polemica inutile, sciocca. Il resto è noia...
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martedì 24 settembre 2013

Aumentare le accise sulla benzina sarebbe una follia

Il prezzo del carburante, argomento di discussione ad ogni minimo rialzo, soprattutto perchè qui in Italia lo paghiamo molto più degli altri. I motivi sono molteplici, ma uno su tutti pesa più degli altri (e anche tanto): le tasse, ovvero IVA e soprattutto accise.

In Italia abbiamo il prezzo della benzina più alto d’Europa (25 centesimi oltre la media, 23 dei quali dovuti al maggior carico fiscale) e quello del gasolio al secondo posto dietro la Svezia (24 centesimi dei 25 sopra la media sono dovuti proprio alle tasse).
Si legge sul Messaggero, che fornisce un altro dato molto interessante:

Fino allo scorso anno la riduzione delle entrate dovute al calo delle vendite di auto era compensato dall’aumento degli introiti provenienti dalle imposte sui carburanti: era sceso il consumo, ma era aumentato il gettito a causa della forte crescita dei prezzi alla pompa. Nel 2013 i consumi hanno proseguito la loro discesa portandosi dietro anche le entrate fiscali. Secondo uno studio del Centro Studi Promotor nei primi 8 mesi dell’anno, il gettito delle imposte su benzina e gasolio da autotrazione è calato di 870 milioni.

870 milioni di euro in meno nelle casse dello Stato a causa del minor consumo di benzina: gli italiani, a causa della crisi, hanno iniziato anche ad utilizzare meno l'automobile, annullando quindi delle entrate praticamente sicure (come avevo spiegato qui) nonostante i continui rialzi del costo del prodotto. Benvenuti nell' "effetto Laffer", ovvero quando all'aumento eccessivo delle imposte le entrate non crescono più ma diminuiscono.

Ciò si vede bene nella famosa "Curva di Laffer"


fonte
ove "t" è la pressione fiscale e T sono le entrate fiscali. Come si vede (ed è logico), se t è zero, anche T sarà zero, così come se t è max (100%) T sarà sempre zero (se il governo tassa al 100% ciò che guadagni tu ovviamente non lavorerai più quindi le entrate saranno pari a zero). Ciò che succede in mezzo è meno chiaro: in generale non si sa dove si trovi il punto Tmax, ovvero non è chiaro quale sia la t* che permetta di massimizzare T.

Nel nostro caso però, l'evidenza sembra mostrare come le troppe tasse sul carburante abbiano superato quel punto, ovvero esse sono talmente alte che la domanda dei consumatori è calata e le entrate totali sono diminuite.
Se ricordate, un caso simile si verificò con la tassa sulle barche esattamente un anno fa:

Il vero fallimento, com’era prevedibile, si è rivelato essere la tassa sulle imbarcazioni superiori ai 10 metri di lunghezza: il gettito previsto era di ben 155 milioni, il gettito ottenuto corrisponde invece alla somma di 23 milioni. Il 14% di quanto auspicato dai “tecnici”. In compenso, la riduzione dei consumi presso le località marittime e portuali ha determinato un minore introito stimato in circa 700 milioni di euro. Un vero danno per esercenti, albergatori e località turistiche.
Quale soluzione quindi?
Aumentare ancora le accise sarebbe una follia: se è vero che l'utilizzo dell'automobile non può essere ridotto all'infinito (bisogna pur sempre spostarsi e il servizio di mezzi pubblici in Italia, soprattutto per chi non vive in grandi città, fa pena), tassare ancor di più il carburante potrebbe spingere al ribasso sia l'utilizzo dell'automobile (quindi le entrate potrebbero diminuire ulteriormente) sia stabilizzare/aumentare gli introiti fiscali dai carburanti, ma abbassare i consumi su tutti gli altri beni, distruggento la domanda, aggravando la crisi e diminuendo le entrate generali (minor gettito iva, imprese che chiudono etc).

Sarebbe davvero ora che si eliminassero tutte quelle accise introdotte decenni fa per abbassare il prezzo del carburante. Pagare 0.24 centesimi in più dsulla benzina solo a causa delle tasse è un furto legalizzato.


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sabato 21 settembre 2013

E' più liberticida la "Legge Omofobia" o la "Lettera al PD" degli attivisti?

Quando si parla di temi sociali quali donne, religioni, immigrazione, omosessuali è sempre molto difficile discutere senza cadere nell'estremismo sia a favore, sia contro una determinata posizione o ancor peggio legge/diritto.
A tenere banco negli ultimi giorni è la "Legge Omofobia" alla quale la Camera ha dato il via libera. Oltre ai capricci del PDL sull'emendamento (a firma Walter Verini del PD), che estende ai reati fondati sull'omofobia o transfobia le aggravanti previste dalla legge Mancino (pena aumentata fino alla metà), c'è stata la protesta di undici attivisti del centrosinistra (con Paola Concia in testa) a causa di un subemendamento di Scelta Civica. Gli 11 hanno scritto una lettera pubblicata anche dall'Huff Post nella quale spiegano i motivi della loro indignazione:


Sono ore difficili per chi ha fatto delle battaglie sui diritti e le libertà il principale terreno di lotta politica nel PD. L’approvazione da parte della Camera dei Deputati della legge contro l’omofobia e la transfobia, dopo anni di tentativi falliti, avrebbe meritato che si stappassero bottiglie di champagne della miglior riserva.
E invece tutto suona molto triste, perché pur a fronte di una dura battaglia per mantenere nel testo della legge le aggravanti, il PD ha voluto votare, in nome di un accordo politico con Scelta Civica, un subemendamento che recita "Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all'odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente ovvero assunte all'interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all'attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni". E il subemendamento è passato per una trentina di voti appena, solo grazie al sostegno dichiarato della Lega Nord.
In sostanza assieme alla cura contro la malattia, abbiamo somministrato al paziente anche una buona dose di germi, legittimando quelle organizzazioni estremiste e clericali (da Forza Nuova a Militia Christi) a portare avanti le loro campagne di opinione contro tutte le diversità. Ebbene sì, perché la novità è che con questa aggiunta si è andati ad intaccare l’intero impianto della Legge Mancino, andando a coinvolgere non solo la minoranza lgbt di questo paese, ma tutte le altre minoranze “razziali, etniche, religiose e nazionali”. Quelle minoranze che, in queste settimane, sono state troppo colpevolmente silenti, forse perché pensavano che quella in discussione fosse una legge che riguardava solo i gay.
E chissà che ora questo abbassamento dell’asticella delle tutele per tutti non sia d’aiuto nella costruzione di quel fronte ampio nella battaglia sui diritti che finora è mancato in questo paese. Esattamente come è mancato il dibattito pubblico su questi temi, il confronto tra i parlamentari e le associazioni, gli interventi degli autorevoli commentatori. Si è preferito attestarsi sugli aspetti superficiali della legge senza approfondirne i contenuti e i risvolti, che alla luce di queste modifiche ora appaiono chiaramente in tutta la loro luce sinistra e minacciosa.
Si è arrivati fin qui perché da quando il PD è nato abbiamo evitato di affrontare questa discussione. Se ancora ieri la discussione interna al gruppo parlamentare verteva sull’inserimento o meno delle aggravanti nel testo della legge è perché ancora permangono all’interno del partito visioni troppo divergenti su cosa siano le discriminazioni e come debbano essere contrastate. Visioni diverse sull’idea stessa di uguaglianza, che dovrebbe stare alla base di un partito democratico moderno. Quanta distanza dal discorso di reinsediamento del presidente Obama, quanta distanza da ciò che in tutta Europa è ormai prassi costante sia delle sinistre democratiche che delle forze di centrodestra moderate!
Come reagire? Si parta da quella discussione che non è stata fatta e che sta alla base, peraltro, del fatto che decine di parlamentari democratici non hanno sostenuto, nel voto segreto, l’approvazione di una norma così liberticida. Ebbene, che vengano allo scoperto quei parlamentari che hanno votato contro, ci mettano la faccia, ci aiutino ad aprire finalmente questa discussione nel partito e nel paese. E vengano allo scoperto pure coloro che quell’emendamento lo hanno sostenuto, magari facendosi violenza e nella convinzione che fosse un male necessario per veder votata finalmente una legge che istituisce il reato di omofobia e transfobia con le aggravanti. Motivino le loro ragioni, accettino il confronto. E vengano allo scoperto pure coloro che hanno sostenuto, in un duro confronto interno al gruppo, che la legge la si sarebbe potuta votare anche senza le aggravanti. Spieghino ad alta voce e guardandoci negli occhi perché a loro dire ci sono cittadini più uguali degli altri e minoranze più diverse delle altre.
Se ne discuta nel congresso, utilizzando questa sede non solo per contare il consenso delle varie correnti e sub-correnti, ma per riportare la politica e la vita delle persone al centro delle nostre discussioni. Un partito “ibrido” che affronta i temi della libertà e dei diritti imbastendo compromessi al ribasso a chi serve? Se tutta questa discussione finisse soltanto in un silenzio imbarazzato, non si farebbe altro che ridare fiato a quella sinfonia degli addii che già troppe persone ha allontanato in questi anni dal nostro partito, e sarebbe la fine peggiore.
Fabio Astrobello, Andrea Benedino, Paola Concia, Veniero Adriano Fusco, Enrico Fusco, Rosaria Iardino, Fabio Iovine, Aurelio Mancuso, Vanni Piccolo, Daniele Viotti, Patrizia Viviani .
Letta così, pare che gli attivisti siano contrari a tutto il subemendamento di SC. Se così fosse, sarei contrario al loro pensiero.
A mio avviso, il testo dovrebbe essere diviso in due parti

"Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all'odio o alla violenza,"

Su questa parte sono totalmente d'accordo. Chiunque può esprimere le proprie idee se queste non istighino all'odio o alla violenza. Se il Mario Rossi è contrario al matrimonio gay, deve essere libero di pensarlo ed esprimerlo in maniera civile, così come deve essere libero di esprimere il proprio disappunto sull'adozione del termine genitore 1/genitore 2 in sostituzione a padre/madre, così come le associazioni gay sono libere di invece esprimere il proprio parere favorevole alle due cose, sempre in maniera vicile.
Non ho preso per caso quei due esempi lì, visto che il sottoscritto è favorevolissimo al matrimonio gay ma assolutamente contrario a sostituire padre/madre con genitore 1 e 2.
Io devo essere completamente libero di esprimere le mie idee ed opinioni, siano esse favorevoli ad un diritto reclamato dall'arcigay, siano esse contrarie.

"né le condotte conformi al diritto vigente ovvero assunte all'interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all'attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni"
Su questa parte invece c'è da discutere. Messa così, sembra sia un'eccezione rispetto alla prima. Se così fosse, sarebbe scandalosa ed assolutamente da eliminare (e direi anche buttar fuori dal Parlamento l'autore della cosa).
Nel caso invece dovesse rispettare ciò detto nella nostra prima parte ("purché non istighino all'odio o alla violenza"), le cose si complicano.
Se è indubbio che vi siano alcune associazioni ostili verso omosessuali, altre religioni, immigrati etc etc anche violente, bisogna tenere conto che non sempre è così. Ad esempio, se si formasse un'associazione contro il matrimonio gay o contro l'adozione genitore1/2 che professi civilmente la propria idea, nessuno potrebbe e dovrebbe vietarlo, così come non si dovrebbero vietare le associazioni a favore di quelle due cose, sempre date le premesse.

Vietarne solo alcune perchè contrarie alla propria idea, sia essa giusta o meno, è liberticida. Se gli 11 attivisti vogliono fare ciò, contestando anche la prima parte (cosa che sembra dalla lettera, ma Repubblica sembra smentire parlando solo di questa seconda parte), mi spiace ma loro sono i primi liberticidi. Se poi questo ultimo punto rappresenta un'eccezione, allora sono dalla parte della Concia e trovo scandalosa la cosa.

Ho cercato di analizzare tutte le varie alternative vista la dubbia interpretazione da dare sia al subemendamento, sia alla lettera. Sarebbe bene che la seconda parte venisse spiegata meglio dal legislatore e che gli attivisti chiariscano ciò che contestano.

In base a spiegazioni e chiarimenti da entrambe le parti, confermo le mie posizioni.

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mercoledì 18 settembre 2013

L'ha fatto Silvio, lo faccio anch'io il mio messaggio agli italiani


ITALIANI!

Italiani di destra: piantatela di votare Forza Italia!!! Basta!!
Italiani di sinistra: non osate votare Epifani, per la carità.

Ricostruite una destra che sia una destra e una sinistra che sia una sinistra. Si può fare!
Anche un centro che non sia quella presa in giro che è Casini.
Non partiti a casaccio.

Italiani tutti: piantatela di guardare Crozza, fatelo andare a vivere sotto i ponti dove uno che non sa far ridere senza imitare Berlusconi da un decennio dovrebbe essere, basta andare a vedere il videomessaggio di Berlusconi, non fa ridere se mettete mi piace ai link con le battute su Silvio, non siete gente "che si interessa" se tutto ciò che fate è preoccuparvi della giunta e delle sentenze.

Piantatela una volta per tutte e svegliatevi, che ora come ora a palazzo Chigi sono pronti ad alzarvi l'IVA per buttarlo in culo a imprese, e famiglie.

SI FAMIGLIE quella cosa che è l'unità fondante dell'economia di un paese e che buttiamo nel cesso pensando a cose come "genitore 1 e genitore 2" per essere all'avanguardia DI UN BEL NIENTE.

Perché giuro, giuro che se vedrò una rinata Forza Italia e nessuna destra vera con un senso, e delle primarie che eleggeranno Epifani, e lo so che succederà proprio così, allora io nella fossa che vi state scavando non ci vorrò più stare e vi manderò una volta per tutte a fare in culo.

Italiani!!!

Articolo di KL

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lunedì 16 settembre 2013

Un video che tutti i giovani (ma non solo) dovrebbero guardare

Cari lettori, prendetevi una ventina di minuti del vostro prezioso tempo (magari mentre siete sul treno tornando da scuola/lavoro) per guardarvi questo intervento di Andrea Pontremoli, attuale CEO e General Manager Dallara.
Dal suo racconto capirete cosa lo abbia spinto alle scelte che ha fatto nella vita, come l'unthinkable sia stato, assieme alle sua passioni, una componente attiva della sua vita e del suo successo. 


 
Tre i  passaggi che mi hanno particolarmente colpito: il primo, quando dice che ha scelto il primo lavoro solo perchè permetteva lui di continuare a svolgere la sua passione (il deejay); il secondo, quando racconta ciò che intendeva sua nonno con "successo"; la terza, quando parlando del progetto ritenuto impossibile da tutti gli ingegneri contattati, hanno risolto il problema e realizzato il "progetto impossibile" assumendo 14 neolaureati "che loro non sapevano che era impossibile...l'han fatto".

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domenica 15 settembre 2013

Perchè la UE richiama l'Italia? E' tutta una questione di fiducia

"Gli ultimi dati economici sull'Italia non sono buoni, per assicurare il ritorno della ripresa è essenziale la stabilità politica". 
e ancora:
''Il premier Letta e il ministro Saccomanni hanno ribadito più volte l'impegno dell'Italia a rispettare gli obiettivi di bilancio e a mantenere il deficit sotto il 3%, e abbiamo fiducia che il governo rispetti la parola perché è essenziale per il ritorno alla crescita''

Queste le parole di Olli Rehn nei confronti dell'Italia. Due schiaffi che ci riportano alla realtà, anche se con qualche dubbio. 
I punti importanti del suo richiamo: stabilità politica e controllo del deficit sotto il 3%, con la seconda che secondo la UE dipende dalla prima.

Le perplessità nostrane nascono dal fatto che, se per l'Italia il controllo è serrato e non sono ammessi sgarri, per le altre nazioni europee (Spagna e Francia in particolare) la situazione è diversa.

La domanda è: perchè noi dobbiamo rimanere nei parametri e loro invece no? A mio avviso i motivi sono tre:

1) Il debito pubblico di Francia e Spagna è sotto il 100% del PIL, a differenza del nostro che è a circa il 130%
2) I loro governi, a differenza del nostro, sono stabili e soprattutto non sono ricattati da nessuno (vedi Berlusconi)
3) Mi spiace dirlo, ma loro sono più credibili di noi quindi i mercati e UE si fidano a lasciare un margine di deficit maggiore del nostro

Il motivo è tutto qui: la fiducia. Anche per questo che lo spread spagnolo sta andando meglio rispetto al nostro. Noi non abbiamo un governo stabile, serio e in grado, ad oggi, di attuare quelle riforme strutturali necessarie. Fino a quando perderemo tempo a far finta di togliere una tassa meno dannosa di altre e a salvare un pregiudicato, nessuno si fiderà di noi come degli altri...
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martedì 10 settembre 2013

Spread: I Bonos superano i BTP. E la colpa è della classe politica tutta...

Era nell'aria già da settimana scorsa, quando i due titoli di stato erano vicinissimi. Oggi l'evento si è verificato: lo spread fra Bonos spagnoli e BTP italiani prima si è annullato e poi è iniziato a crescere (poco) a favore dei primi.

I mercati, ad oggi, hanno più fiducia nella Spagna rispetto all'Italia. Questo è un fatto che tutti dovrebbero tenere in considerazione.

Alle 10:48 di oggi (10/09/2013) era di circa 2 punti, quindi molto poco, però il messaggio è chiaro: nonostante la più alta disoccupazione e la crisi più gravosa del mercato immobiliare e bancaria spagnola, le riforme, seppur dolorose, di spesa pubblica e lavoro attuate da Rajoy stanno dando i loro frutti rispetto al quasi immobilismo italiano. A tutto ciò dobbiamo aggiungere una stabilità del governo spagnolo che in Italia non abbiamo e soprattutto non avremo in caso di nuove elezioni, visto che la legge elettorale non è ancora stata cambiata (e molto probabilmente non verrà cambiata).

Non dite che non eravate stati avvisati su queste pagine: il tempo perso a far finta di eliminare tasse come l'IMU (la meno inutile fra tutte) e l'immobilismo misto a ricatti causati dalla richiesta di salvataggio di un leader di partito condannato come Silvio Berlusconi è ovvio che avrebbero penalizzato l'Italia.
Dissi anche che un governo PD-M5S che attuasse quelle 4-5 riforme ovvie sarebbe stato migliore rispetto a questo, ma per colpa sia dell'uno che dell'altro non è avvenuto.

Per questi motivi ritengo che la colpa sia della classe politica tutta. Come sempre del resto negli ultimi 25-30 anni...

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domenica 8 settembre 2013

Come ridurre il debito pubblico, nel modo sbagliato: la patrimoniale

Sintesi dell'articolo "Come ridurre il debito pubblico, nel modo sbagliato: la patrimoniale"
pubblicato su MySolutionPost


Dopo anni e anni di proclami, pare che il Governo voglia impegnarsi nella riduzione dell’imponente stock di debito pubblico che, assieme ad altri fattori, sta soffocando il Paese. Solo così l’Italia potrà uscire da questa crisi che dura da troppo tempo e ricominciare a crescere. Anzi, lasciatemelo dire: ricominciare a essere un Paese Occidentale.
 [...]
A oggi, il debito pubblico italiano continua la sua inarrestabile ascesa. [...]
Ciò ci fornisce due dati importanti: il primo, è che a questi livelli il costo in interessi del debito, anche se questi fossero bassi (e oggi non lo sono), è elevatissimo; il secondo è che lo stock è in costante aumento nonostante le manovre correttive

Cosa fare dunque?
Vi sono però un paio di soluzioni in voga in certi ambienti che sarebbero dannosissime per noi cittadini e per l’Italia tutta: non ripagare il debito (o non ripagarne solo una parte), ovvero fare default oppure ridurlo con una patrimoniale straordinaria. [...]

Personalmente concordo con loro sul fatto che una patrimoniale sarebbe molto ingiusta e che metterebbe ancora più in ginocchio il nostro Paese [...]

Considerando che la ricchezza totale (reale e finanziaria) è di circa 8.600 miliardi di euro (dati Banca D’Italia), il numero da cui partire è questo.
A chi vogliamo farla pagare? Dal 10% più ricco? Essi posseggono circa il 46% di essa, quindi 4mila miliardi di euro (arrotondiamo).
Una patrimoniale del 10% porterebbe un gettito di 400 miliardi di euro, che abbatterebbero il debito di circa il 20%. Passeremmo così dall’oltre 130% (in rapporto al Pil) odierno a una cifra intorno al 110%.
Cambierebbe qualche cosa? Senza profonde riforme strutturali, agli occhi dei mercati poco o niente. [...]  
Per le conclusioni, vi rimando all'articolo originale.

Fortunatamente, questa ipotesi sembra essere stata scartata definitivamente.

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giovedì 5 settembre 2013

Sostituire "padre" e "madre" con genitore 1 e 2 è una boiata

Il tema di oggi sono le dichiarazioni del ministro Kyenge. la quale si è detta favorevole a sostituire "padre" e "madre" con genitore 1 e 2, il che ha portato ad una discussione anche sulla fanpage.

Cosa penso di questa cosa? Oltre all'inutilità del discussione, soprattutto in un momento come questo, a mio modo di vedere è una boiata, per non dire caxxata. 

Premettendo che ad oggi non sono contrario alle adozioni di coppie omosessuali (per vari motivi), due mamme non potranno mai sostituire la presenza di un padre, così come due padri non potranno mai sostituire una madre. Con ciò, non voglio dire che non possano voler bene al bambino/a alla stessa maniera, sia ben chiaro!
Sostituire il termine padre e madre con un numero, oltre a creare tensioni (immagino già femministe lamentarsi nel caso in cui la madre sia "genitore 2" ad esempio, in quanto 1 e 2 sono numeri e creano solamente discriminazionemettendo, volontariamente o no, uno dietro l'altro), denaturalizza il significato di essere padre e madre. Hai due genitori maschi? hai due padri. Hai due genitori femmine? hai due madri. Si può discutere sul se sia accettabile o giusto per un bambino. Ma il fatto è che un numero non può rappresentare ciò che è essere padre o madre per qualcuno. 

Molto banalmente, con padre si intende il genitore di sesso maschile; con madre il genitore di sesso femminile. Dov'è il problema nell'utilizzare questi termini anche nel caso di due genitori di sesso uguale?

Se proprio vogliamo cambiare le cose, a mio avviso, sarebbe molto meglio una duplice scelta: padre/madre (nome) padre/madre (nome).

Ci  sarebbe poi tutto un discorso giuridico (però, non essendo un giurista, non posso fare) sul riconoscimento di paternità e maternità di un bambino/a. Chi firma sono il padre e la madre riconosciuti come tali, non genitore 1 e 2! Se un bambino ha due madri, esse saranno riconosciute come madre e madre.

Reputo tutto ciò una polemica inutile, attuata da una minoranza naziradicale con un cervello grosso come una nocciolina che vuole imporre una regola idiota e no sense alla maggioranza. 

I diritti per cui gli omosessuali sono altri e ben più importanti. Queste, ripeto, sono boiate.

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lunedì 2 settembre 2013

Grillo, Fiscal Compact, crescita nominale ed ignoranza economica

Era un po' che non parlavo delle teorie di Beppe Grillo qui sul blog, però oggi se ne è uscito con un articolo su crescitta e fiscal compact interessante, sia in positivo che (soprattutto) in negativo.

Nella prima parte dice in sostanza che l'Italia non è fuori dalla crisi in quanto stiamo assistendo solamente ad una minor decrescita (meglio di niente, sia chiaro) e che prima di vedere la vera crescita dovremo aspettare un bel po'...se mai la vedremo aggiungo io. Personalmente sono d'accordo e aggiungo che la maggior fiducia e quel poco di crescita che vedremo è più merito degli altri che nostro.

Quando però parla di Euro, produttività e Fiscal Compact , iniziano i problemi. Sui primi due ho già ampiamente discusso quindi evito di tornare sul tema. Vorrei soffermarmi sul terzo.

Grillo afferma che:

Parlare di crescita in Italia risulta irrealistico. Se allunghiamo l’orizzonte al 2015 il quadro si fa cupo perché la variabile Fiscal Compact entra in gioco. Con il Fiscal Compact l’Italia si impegna dal 2015 a ridurre il suo debito in eccesso del 60% del PIL di un ventesimo all’anno per i successivi venti anni. L’entità dei numeri in questione è colossale, tale da rendere inspiegabile l’assenza del tema Fiscal Compact dal dibattito politico attuale. Con una crescita futura pari a zero (e non negativa come ora) rispettare il Fiscal Compact significa manovre da 50-60 miliardi di euro di riduzione del debito e un avanzo primario di almeno il 4% per il prossimo ventennio, o una riduzione della spesa pubblica del 15% all’anno oppure a nulla di tutto ciò a patto che si cresca al 3.5% di PIL l'anno. Impossibile.


Prima di tutto non è vero che per crescere sia necessario per forza aumentare/non diminuire la spesa pubblica: Germania e Svezia sono due esempi. Una riduzione di spesa, se fatta in modo oculato da eliminare gli sprechi, riducendo al contempo l'abnorme tassazione favorisce la crescita.


Per quanto riguarda il resto, le cose non stanno proprio così: se anno dopo anno si riduce la differenza fra il rapporto debito/PIL e la soglia del 60%, è ovvio che anche 1/20 da tagliare sarà minore, quindi non è vero che saranno necessarie manovre da 50-60 miliardi di euro annui per i prossimi 20 anni.

La stessa cosa vale anche per la crescita! Premettendo di avere un bilancio pubblico in pareggio, con un rapporto debito/pil al 130% (arrotondiamo), vuol dire che alle attuali condizioni per rientrare nei parameti del Fiscal Compact servirebbe una crescita del (3.5% deriva da (130%-60%)/20):

3.5%/130%= 2.7% circa del PIL

Questo 2.7% è crescita NOMINALE! Ciò vuol dire che con un'inflazione del 2% ((con l'aiuto di Draghi nel caso), una misera crescita reale dello 0.7% basterebbe. Se l'inflazione fosse al 3% , potremmo anche non crescere in termini reali!
Basta cambiare i parametri et voilà: più il rapporto scende e meno crescita nominale serve per rientrare nei paramentri.

Sinceramente non so da dove Grillo tiri fuori quel 3.5% di PIL annuo, però è bene ribadire che si tratta sempre di crescita nominale, quindi reale+inflazione.

E' superfluo dire che, se si attuassero quelle riforme strutturali che tutti chiedono unite ad un taglio di spesa-tasse-recupero evasione, crescere e ridurre il debito sarebbe più facile.

Fossi nei collaboratori di Grillo consiglierei lui di studiare un pochino prima di scrivere post sul blog (tanto per, un ragionamento simile è già presente in rete, basta cercare). Di ignoranza economica in Parlamento ne abbiamo avuta fin troppa negli ultimi 20-30 anni...

@Rebel Ekonomist

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