martedì 5 luglio 2011

La colpa di chi è?



Riporto questo ottimo post di Piero Torazza (da Chicago Blog) sul debito pubblico e sulla situazione italiana e non.


Tutti giù per terra! Di P. Torazza


In questi giorni discutiamo tanto di default della Grecia, ma la verità è che quasi tutto l’Occidente è affogato dai debiti, tendenzialmente privati nel mondo anglosassone “liberista”, tendenzialmente pubblici nell’Europa continentale “statalista”.

Dopo la Grecia verrà il turno degli altri Piigs (tra cui l’Italia), ma non è mica finita lì. Anche il Re è nudo: gli Usa sono pieni di debiti. Ormai il primo detentore di Treasury non è più la Cina ma la Fed: essa crea base monetaria, una “partita di giro” che si sfoga sui mercati finanziari e poi nel reale. Il debito pubblico Usa (dopo i salvataggi 2008) è al 100% del Pil se includiamo anche i Federali. Se aggiungessimo anche il debito privato il totale Usa sale a circa 400%.

Il debito pubblico del mitico Giappone è al 200%. La nostra Italia e il Belgio con solo il 120% sembrerebbero meno-malate dei virtuosi americani. Spagna 60% e Portogallo 90% (che sulla stampa son più cattivi di noi) hanno avuto un deficit (velocità di incremento del debito) molto superiore al nostro… Grazie Tremonti. Grecia ed Irlanda non le analizziamo neppure: sono piccoline rispetto a noi ed alla Spagna. Come reagisce l’opinione pubblica (il famoso ceto medio) di fronte a questa situazione?

In Italia spesso diamo “quasi-tutta” la colpa ai nemici esterni, cito ad esempio:

  • la Merkel, perchè ha le sue banche piene di titoli greci e quindi cerca di spostarne un po’ dentro la Bce
  • le Agenzie di Rating Usa, perchè ci danno brutti voti e sono in conflitto di interessi (vedi Buffet)
  • la Speculazione (vedi GS), perchè con futures, cds ed altri derivati si arrichisce sfruttanto le malattie altrui
  • le grandi banche, perchè scaricano i loro debiti sulla collettività ricattando i governi e facendosi salvare
  • eccetera eccetera eccetera… ognuno ne aggiunga quanti vuole…
Questi nemici esterni sono in buona parte reali, non sono solo il frutto di un furbo populismo come qualcuno dice, ma comunque non sono loro il vero fattore fondamentale del declino. I greci danno “tutta” la colpa ai tedeschi: ne hanno molta, ma non esageriamo con gli scaricabarile. Il fattore fondamentale è banale, ma nel nostro inconscio viene spesso rimosso: l’Occidente ha vissuto al di sopra della sua produttività, è giunto il momento di pagare.

Questo dato è ineludibile: non dipende nè dalla volontà della gente nè dai governi nè dalle lobby finanziarie. E non è neppure una questione di Liberismo Usa vs Statalismo Europeo: entrambi hanno fatto debiti perchè non volevano ridurre il proprio livello di vita. Privati in un caso, pubblici nell’altro.

Un potente club di economisti internazionali anni or sono (preveggenti?) discusse il seguente tema: “è preferibile che in Occidente il livello di vita si riduca rapidamente per adeguarci agli standard di produttività imposti dalla globalizzazione, oppure è meglio pilotare un lento declino?”. To be or not to be, this is the question. Non è importante sapere cosa abbiano deciso questi signori, le forze in gioco non sono controllabili.

Oscar Giannino ci ricorda ogni tanto che il mondo corre al 4% annuo: quella è la media del pollo tra la Cina e noi.

Tra chi deve ancora crescere e chi è già cresciuto ed ora stà invecchiando. Il baby boom degli anni ’60 è in fase pre-senile. Una primaria banca di investimento svizzera ha rilasciato per i suoi clienti un report “privato” in cui dice: “i Piigs in Europa hanno solo due possibilità: attuare manovre fiscali recessive oppure default”. Col termine manovre fiscali si intendono sia le tasse che la spesa pubblica.

Dall’altra parte dell’oceano, in questo momento, il dibattito finanziario verte su questo punto: la Fed farà o non farà il QE3? Traduzione: la Fed per la terzavolta nel giro di 3 soli anni stamperà o non stamperà altra Base Monetaria? Se non lo farà questo è l’inizio del Double Dip in Occidente (doppia recessione). Se lo farà rinvieranno l’Amaro Calice di uno/due anni, ma poi sarà ancora peggio. Di mezzo c’è pure la lotta politica tra Obama che vuol essere rieletto ed i suoi rivali che vogliono sostituirlo. Ricordiamoci la dichiarazione di Obama quando le Agenzie comunicarono che pure la AAA degli Usa potrebbe un giorno essere “downgradata”: “questa è una intromissione nella politica”.

Di seguito la Base Monetaria (stock di Liquidità nel sistema) degli Usa (bilancio Fed):

1990 = 400

2000 = 700

2008 = 800 (crack Lehman)

2009 = 1700

2011 = 2700

Negli ultimi 20 anni mano a mano che la produttività Usa non cresceva più “naturalmente”, il sistema politico/finanziario ha drogato l’economia con una iniezione “artificiale” di liquidità (= Inflazione = Signoraggio = Debito Pubblico Occulto) pari al +600%!!! Secondo la teoria monetarista (la moneta deve rimanere neutrale) spannometricamente potrei stimare che un +100% in 20 anni è “naturale” : il +500% in eccesso si chiama bolla.

La stessa BCE, storicamente prudente, ripulendo un po’ di bilanci bancari e finanziando più o meno indirettamente alcuni stati ora si trova con un bilancio che scricchiola (forse l’abolizione del principio contabile Mark To Market fa comodo pure a lei!). Pare che all’estero un suo componente (chi sa chi è…) abbia dichiarato: “per ora la questione del salvataggio della Bce non si pone perchè può tenere i titoli sino a scadenza prima di evidenziare eventuali perdite”. Ognuno di noi scelga liberamente se ridere o piangere. A luglio 2011 pare che la Bce aumenterà i tassi: vedremo, se non lo farà li pretenderà il mercato.

Questo momento storico è molto peggiore del quasi-default italiano del 1992 (prelievo forzoso di Amato), del crack russo del 1998 o dell’Argentina nel 2001: all’epoca gli altri stati erano ancora in condizioni di metterci delle toppe, ed i fallimenti mirati non generavano contagio, potevano essere riassorbiti. Oggi quasi tutti gli stati son mal messi: l’effetto domino è una realtà dietro l’angolo. Quelle soluzioni oggi non funzionerebbero più.

Ma veniamo all’Italia che corre seri pericoli. Infatti il 120% di debito pubblico non include:

Enti Locali
Società Pubbliche tipo Trenitalia/Poste e Trasporti Locali
Derivati (autorizzati anni fa da Tremonti, abusati furbescamente da molti amministratori locali di tutti i colori)
Debito pensionistico (non quotato direttamente sui mercati)

Se ci mettessimo tutto sarebbe probabilmente al 300%. Come attenuanti citiamo: il 55% del debito pubblico si chiama risparmio privato degli italiani, e la duration media (allungata furbamente sia da Padoa-Schioppa che da Tremonti) è di circa 7 anni (quindi meno elastica all’aumento dei tassi = “il cerino rimarrà in mano ai creditori”).

E’ pure interessante notare che circa 150 miliardi (il 9% del totale) è in mano al nostro sistema bancario-assicurativo: anche questo ci aiuta a capire come mai l’avvertimento sul nostro rating nazionale si sia poi propagato al rating di quasi tutte le banche italiane, con il conseguente crollo in borsa delle loro quotazioni.

Venerdì 24 giugno 2011 una nostra grande banca è stata pure sospesa per ecceso di ribasso, ed un crack violentissimo delle quotazioni intra-day (flash crash) è stato quasi giustificato come un “errore tecnico dei computer” : della serie “gli asini volano con le sveglie al collo”. Nelle altre borse non è successo. Strano?

Un mito da sfatare

Non è vero come spesso si dice che il debito pubblico si è “gradualmente” formato nel corso di 60 anni: numeri alla mano il debito è raddoppiato dal 60% al 120% in soli 10 anni, erano i dorati anni ’80 gestiti dal Caf, con l’entusiasmo della maggioranza della gente che vedeva crescere la propria ricchezza. Poi cadde il Muro, scoppiò Tangentopoli, quasi-default nel 1992, privatizzazioni forzate, l’euro, Silvio.

L’euro (o meglio: “la furbizia di molti agenti economici”) ci ha portato un bel po’ di inflazione durante la sua introduzione, ma ha bloccato la possibilità di svalutare il cambio (= inflazione importata) e ci ha costretti a ristrutturazioni nel settore manifatturiero ed in “alcuni” servizi “aperti” alla concorrenza (non il pubblico). Dall’atra parte le violente turbolenze finanziarie del 2008 avrebbero già fatto fallire l’Italia se avesse avuto ancora la vecchia lira: ma questo la gente non lo “vuole” capire (per ragioni ideologiche o di pancia od altro). Oggi spero che la gravità della situazione italiana sia ormai chiara alla maggior parte degli italiani.

La spesa pubblica è continuata a crescere nonostante i tagli lineari.
La pressione fiscale è troppo alta (il sito è pieno di articoli su questo punto).
L’evasione fiscale è enorme ed è aumentata in valore assoluto ed in percentuale (con Pil reale quasi stagnante).
La corruzione/concussione ha ormai superato i livelli/costi di Tangentopoli.
L’aumento dei tassi e del costo degli interessi aumenteranno il deficit prospettico.
La prevedibile recessione diminuirà il denominatore del rapporto Debito/Pil.
Il debito è a forte rischio di andare fuori controllo in breve tempo.
Che fare?

Nessuno vorrà pagare. All’inizio ci scaglieremo contro i nemici esterni che elencavamo ad inizio articolo? Poi si scanneranno i vari gruppi di nemici interni:

Pensionati + dipendenti pubblici tutti fannulloni vs Partite Iva tutti evasori ?
Dipendenti privati a tempo indeterminato vs precari ?
Sindacati vs Confindustria?
Grande impresa vs Pmi /Artigianato / Commercianti?
Industrie vs Banche?
Nord vs Sud?
Tizio contro Caio?
La Marcegaglia, per cui in verità non nutro una grande simpatia, dice spesso una cosa che condivido: “Senza crescita la società si incattivisce”. Io sono da tempo profondamente convinto che alla fine “quasi” tutti saranno “costretti” a bere l’amaro calice. L’unico dubbio che “razionalmente” possiamo avere è “come” lo pagheremo:

sotto forma di default (e cacciata dall’euro… ammesso e non concesso che resista)?
di restrizioni fiscali recessive?
oppure una bella iper-inflazione che dimezza il valore reale del debito e dei risparmi privati?
Magari sarà un mix di tutte queste cose. La soluzione magica della crescita del Pil reale (in cui a parole spera la Marcegaglia) che crea gettito e rimette le cose apposto è ragionevolmente impossibile dato il contesto. Naturalmente se ci decidessimo a fare un po’ di liberalizzazioni (vincendo le corporazioni, atavica mentalità nata all’epoca dei comuni) la produttività migliorerebbe e questo sarebbe un bel vantaggio per il Pil. Ma numeri alla mano questo non basterebbe al bilancio ed ai mercati. Sorry: ci vuole molto di più e molto più velocemente.

Negli ultimi anni, per gioco e per esperimento, ogni tanto dico ad un po’ di gente che incontro per la strada che stiamo rischiando il fallimento, quindi verranno tagliate pensioni ed introdotti nuovi balzelli, e molti mi rispondono così: “se ci provano faremo la rivoluzione nelle strade”. Spesso per quieto vivere non rispondo, ma tra me e me penso (ed oggi scrivo): contro chi? Quanti soldi recupereremo con la rivoluzione? E poi il resto chi lo pagherà?

I politici in Tv mentono, e ci dicono che si son tagliati gli emolumenti del 10%. Oscar l’altro giorno su Radio24 ha fatto una bella trasmissione sul tema. I costi della politica centrale+locale son stimati in circa 25 miliardi di euro (50.000 miliardi di lire). Se l’opinione pubblica sarà furba pretenderà un forte taglio di questi costi (es. le province!). Se sarà ingenua si farà distrarre dai finti litigi mediatici e pagheremo “tutto” noi.

Comunque sia, le cifre in gioco vanno ben oltre questi 25 miliardi di euro. Anche i 47 miliardi in 3 anni sono una favoletta: il conto sarà molto ma molto più salato. Il debito pubblico “formale” è di 1.900 miliardi di euro (il famoso 120%). Se azzerassimo tutta la politica avremmo un risparmio dell’ 1,3% annuo (25 / 1900). Poi però ci troveremmo con una plutocrazia: rimembro Benito che di queste cose se ne intendeva. La conclusione a cui sono giunto è che :le élite politico/finanziarie occidentali dapprima non hanno avuto il coraggio (per ragioni di consenso e di tenuta democratica) di dire alla gente che la festa era finita, ed ora non hanno il coraggio di dirgli che questo è solo l’inizio di un lungo doloroso processo di ristrutturazione, che colpirà quasi tutti.

Il pessimismo della ragione, l’ottimismo della volontà. Let it be.

PS The nation’s highest ranking fiscal official Friday reaffirmed the Aug. 2 deadline for raising the U.S. debt ceiling — urging Congress to act soon. In a statement, U.S. Treasury Secretary Timothy Geithner implored Congress to act “to avoid the catastrophic economic and market consequences of a default crisis by raising the statutory debt limit in timely manner.”

di Piero Torazza


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