sabato 10 novembre 2012

Costo del lavoro alto e in crescita: Italia bocciata

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I PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) fanno i compiti a casa, diminuendo il costo del lavoro. L'altra "I", l'Italia, per ora no...


Il costo del lavoro è una componente molto importante per quanto riguarda la produttività e la competitività di un paese. Avevo già parlato tempo fa postando un grafico con dati eurostat, mostrando come l'Italia, assieme alla Grecia, fosse il paese con il costo del lavoro elevato (rispetto ad esempio alla Germania), nonostante il livello degli stipendi non sia per nulla alto.

Gli analisti di Credit Swiss, su dati della Commissione Europea, hanno elaborato un grafico "che mostra l’evoluzione della grandezza fondamentale per valutare la competitività di un paese: il tasso di cambio effettivo (cioè ponderato per i flussi commerciali), e reale, cioè deflazionato per il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP, o unit labour cost, secondo la terminologia anglosassone). Secondo questa grandezza, quasi tutti i PIIGS hanno fatto i compiti a casa, e anche con profitto, come si vede soprattutto nel caso dell’Irlanda." (fonte citazione e grafico: Phastidio)



Come si può notare, l'Italia è l'unico paese in cui il cambio effettivo reale non è diminuito, anzi è aumentato nonostante la crisi. Ciò penalizza e penalizzerà le nostre esportazioni (alla faccia di quelli che vorrebbero svalutare...qui bisogna intervenire!) con conseguenze ovvie per le nostre imprese.

Cosa fare allora? Scartata l'ipotesi svalutazione, le vie sono due (anche questo già detto): o si tagliano le tasse sul lavoro oppure si diminuiscono gli stipendi. Purtroppo questo governo tecnico non vede di buon occhio il tagliare (spesa e tasse) e da tempo sembra intenzionato ad andare nella seconda direzione.


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