Riprendo un articolo apparso sul WSJ intitolato "Weak Educational System Hobbles Portugal" in cui si dice come il basso livello di istruzione del paese abbia radici profondissime (dal 1600 circa) e riguardi un po' tutta la parte cattolica dell'Europa (specialmente il sud: Portogallo ,Spagna, Sud della Francia, Italia...) , aggravata poi dai regimi dittatoriali che garantivano solamente i primi tre anni di scuola (dai 6 ai 9 anni) a tutti. Questo è un enorme problema in quanto non si è venuta a formare tutta una fascia lavorativa preparata e specializzata a compiere determinati lavori; a questo si aggiunge una poca flessibilità nel cambiare lavoro ed impararne di nuovi.
Alla fine dice anche che la situazione è migliorata soprattutto negli ultimi 20 anni, ma ancora molto si può fare.
Incuriosito da ciò, sono andato a vedermi un po' i dati che riguardano l'Italia (visto che è stata indirettamente chiamata in causa). Ho trovato alcuni risultati (anche contrastanti sotto certi aspetti) che bene o male mostrano uno scenario abbastanza preoccupante e simile al Portogallo.
Secondo l'Istat (censimento 2001) sono 782 mila gli analfabeti in Italia, ma la maggior parte della popolazione ha un livello di istruzione massimo da licenzia media (circa 35 milioni di persone su un totale di quasi 54 pari al 64%). Solamente 3 milioni e 800 mila italiani circa possiede un diploma universitario o una laurea (7% della popolazione).
Un altro documento importante è la prima sintesi dei risultati degli invalsi il quale mostra come il nostro paese sia più indietro rispetto ai suoi concorrenti di egual sviluppo economico (si veda la pagina 12, ad esempio la figura sei riportata qui sotto)
Tabella 8-“Ha mai usato/usa un computer?”Canada inglese 89,95% siCanada francese 84,84% siSvizzera tedesca 85,41% siSvizzera francese 82,22% siSvizzera italiana 72,97% siItalia 51,97% siNorvegia 92,94% siBermuda inglese 90,42% siUSA 86,03% siIl digital divide esiste all’interno di tutti i Paesi; il reddito è un fattore significativo in questo senso:
chi si trova nelle fasce più basse di reddito ha meno opportunità di accesso, nello stesso tempo età,
genere, titolo di studio, tipo di occupazione sono associati alla familiarità ed all’uso del computer.
Si trovano meno persone tra quelle che hanno più di 45 anni che usano il computer; i Paesi europei evidenziano differenze nell’uso del computer in relazione al genere, ma questo non accade in Nord America.
Chi ha meno del diploma di secondaria superiore usa meno il computer di chi ha titoli più elevati;
questo effetto è molto evidente a Bermuda e in Italia.
Le persone che usano il computer risultano più competenti di quelle che non lo usano
Un altro studio interessante è quello del linguista Tullio De Mauro (che va in contrasto con i dati Istat) mostra come (fonte. Attenzione, non è il documento originale..purtroppo non sono riuscito a trovarlo):
Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra. Trentotto lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta e a decifrare qualche cifra. Trentatré superano questa condizione ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi, di rilievo anche nella vita quotidiana, è oltre la portata delle loro capacità di lettura e scrittura, un grafico con qualche percentuale è un’icona incomprensibile.
Secondo specialisti internazionali, soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.
e ancora:
Secondo alcuni economisti il ristagno produttivo italiano, che dura dagli anni novanta, è frutto dei bassi livelli di competenza. Ma nessuno li ascolta; e nessuno ascolta neanche quelli che vedono la povertà nazionale di conoscenze come un fatto negativo anzitutto per il funzionamento delle scuole e per la vita sociale e democratica.
Un altro documento interessante che vi inviterei a leggere è questo di Roberto Fini il quale mostra un'analisi più di tipo economico. Cito qualche riga:
..Se ci concentriamo sui tassi di partecipazione al mercato del lavoro, possiamoSe il livello di istruzione è basso, non possiamo importare tecnologia high-tech per sfruttarla e copiarla (non abbiamo gente in grado di farlo), la maggior parte della popolazione farà lavori di bassa qualità (economicamente parlando) producendo poco reddito (e quindi PIL ridotto) e guadagnando poco (quindi consumando meno, che è forse il maggior problema in questo momento). Ritorneremmo insomma ad essere un paese di medio basso sviluppo pre boom economico.
facilmente verificare che la gran parte di coloro che non raggiungono il diploma di
scuola secondaria superiore (o perché non proseguono gli studi dopo l’obbligo, o
perché li abbandonano pur avendoli inizialmente intrapresi) appartengono a fasce
reddittuali basse. Benché in Italia si siano fatti molti passi avanti negli ultimi decenni,
la piena partecipazione degli aventi diritto alla scuola secondaria continua ad essere
un problema per la società italiana. Se passiamo poi a prendere in considerazione
l’istruzione universitaria i tassi di mancata partecipazione e di abbandono
raggiungono livelli drammatici...
Spingere i giovani a studiare (soprattutto matere più scientifiche) DEVE essere un obiettivo del governo, di destra o di sinistra che sia, valorizzando poi questo studio. Per formare un ingegnere (prendo questo come esempio ma vale per tutti) ci vogliono 25-30 anni ed è un investimento importantissimo (e anche costoso) per il paese ma che se sfruttato darà grossi utili (e ricavi) allo stesso. Vediamo di capirlo...
PS: vi invito a guardare questo video proprio a riguardo dell'influenza dell'alfabetizzazione sullo sviluppo economico di un paese
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