sabato 6 ottobre 2012

Se non si tagliano le tasse, si dovranno tagliare gli stipendi

Il costo del lavoro in Italia è alto, troppo alto, nonostante gli stipendi siano mediamente bassi. Per far ritornare le imprese competitive sul mercato, o si riforma il lavoro assieme al fisco (aka tagliare le tasse), oppure, come successo in altri paesi, saranno gli stipendi a rimetterci.

La realtà a volte è crudele, ma quando lo è essa può insegnare, dare delle lezioni che poi (se apprese) serviranno ad evitare il ripetersi degli eventi che l'avevano resa tale.
In Italia abbiamo un problema molto serio riguardante gli stipendi: il salario reale del cittadino italiano è praticamente fermo da 20 anni circa (nel primo decennio del 2010 hanno registrato un +0.9%), il che coincide bene o male con la crisi di produttività del paese.

Se è vero che in Germania i salari sono cresciuti più o meno di quel passo (+1%), vi sono delle differenze:

I salariati hanno comunque beneficiato di altri progressi. Da un lato lavorano molto meno di 20 anni fa: ogni lavoratore nel 2011 secondo dati del Bundesamt ha lavorato il 9.7 % in meno rispetto al 1991. Dall'altro lato oggi in Germania lavorano piu' persone di allora - nel complesso in Germania nel 2011 c'erano 2 milioni di lavoratori in piu' rispetto a 20 anni prima.

E' da notare poi che il livello dei salari netti in Germania è molto più alto rispetto all'Italia quindi i tedeschi possono permettersi un livello salariale molto simile al passato e vivere molto bene lo stesso, anzi meglio visto che lavorano di meno (non ditelo però a Polillo). Considerando poi che la produttività è aumentata, il tutto è a beneficio delle aziende e dei giovani/disoccupati che trovano lavoro più facilmente.

Veniamo ora ai paesi in difficoltà: JPMorgan ha elaborato un grafico elaborato  illustra, per ognuno di loro, l’evoluzione di costo del lavoro nominale per unità di prodotto, disoccupazione e saldo delle partite correnti dall’inizio della crisi ad oggi. Si vede benissimo come "il nostro paese è l’unico tra i Piigs ad aver registrato nel periodo un aumento del costo del lavoro nominale per unità di prodotto, mentre gli altri hanno proseguito sulla strada della deflazione salariale. Analogamente, l’Italia ha finora registrato un minor deterioramento del proprio mercato del lavoro (tutto è relativo, ovviamente, considerando anche il livello di partenza del tasso di disoccupazione), e pare non aver fatto particolari progressi nel restringimento del deficit delle partite correnti, mentre gli altri quattro paesi sembrano aver “beneficiato” soprattutto di un crollo delle importazioni che, almeno da questi dati, pare superiore al nostro.Se obiettivo è quindi quello di recuperare competitività, pare che non ci siamo proprio. (fonte: Phastidio)."

Se andiamo a vedere il costo unitario del lavoro nel manifatturiero notiamo che quello italiano è cresciuto maggiormente (anche della Germania):



Mi spiace dirlo, ma a queste condizioni anche da noi si arriverà alla diminuzione dei salari. Qualcuno di voi sicuramente protesterà per il fatto che i salari REALI sono bassi. Ovviamente concordo, ed è proprio per questo motivo che è necessario abbattere il costo del lavoro tagliando la tassazione sul lavoro stesso. Le tasse sul lavoro in Italia sono sul gradino più alto dei paesi europei, con una differenza di 10% circa dalla media UE.

Se si vuole evitare un aggravarsi della crisi dovuto ad un minor potere d'acquisto del cittadino medio in seguito alla diminuzione dei salari e alla disoccupazione in aumento, bisogna assolutamente abbassare le tasse che gravano sulla busta paga stessa. Per fare ciò, mi spiace insistere, ma bisogna tagliare la spesa, non si scappa. Già che ci siamo, eliminare il TFR, mettendo la quota direttamente in busta paga ogni mese.

Non ditelo però a quei fantomatici politici che, in campagna elettorale, promettono di tagliare altre tipologie di tasse, ad esempio quelle sul patrimonio come l'IMU, non capendo un fico secco della realtà che li circonda.

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