Il Manifesto, quotidiano storico della sinistra comunista italiana, è seriamente a rischio chiusura.
Chi è però che vuole farlo chiuderlo? Leggendo l'articolo del giornale stesso, sembra che gran parte della colpa sia attribuita al taglio dei contributi previsti:
"Dal 2008 cala la pubblicità, le vendite vanno e vengono (incoraggianti a novembre e dicembre, in lieve calo a gennaio) e senza il contributo pubblico (che era previsto) il bilancio del 2011 non si può chiudere."
Dai primi dati attendibili la "campagna acquisti" sta dando i suoi frutti: l'aumento in media del 50% nonostante il tempo da lupi. Ma l'immobilità del governo ci sta uccidendo.
La realtà è diversa. Su stessa ammissione della firma storica del quotidiano, Rossana Rossanda,
“vende sempre meno da otto anni a questa parte. La media dei primi trent’anni era” circa di trentamila copie, una nicchia “ma solida e rispettata. Ora si è circa la metà”.
Altro che vanno e vengono! Le vendite sono a picco da anni! Infatti nell'articolo trovate come la Rossanda critichi il giornale stesso e il modo con il quale esso è stato gestito.
La causa della (eventuale) chiusura sono soltanto le vendite, calate drasticamente (e quindi, oltre ai soldi non percepiti da esse, anche il calo dei proventi pubblicitari). E' colpa di chi non vi vuole comprare più, altro che del governo!
Tra l'altro, i sussidi ai quotidiani dovrebbero TUTTI essere aboliti, obbligando così le redazioni a rivedere tutta la gestione economico-finanziaria e dei costi.
Una possibile soluzione per diminuire i costi e rimettere in ordine i conti è quella di non stampare più fisicamente il giornale ma tenerlo solamente online e sui vari tablet, telefoni etc (e gli esempi sono moltissimi, vedi le italiane Linkiesta, ilpost oppure il più famoso Huffington Post).
Il lamento verso il governo è, vista la situazione, molto fuori luogo per non dire ridicolo.
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