Come tutti credo sappiate, nel referendum di Mirafiori ha vinto il SI', quindi verranno applicate tutte quelle condizioni volute da Marchionne per far sì che FIAT rimanga lì a produrre anche nel futuro con ingenti investimenti.
Su Termometro Politico potete trovare tutti i dati precisi su chi ha votato il NO e chi invece il SI' con le motivazioni.
Come avrete capito dal titolo, io sono contento della vittoria dei sì, per il semplice motivo che in una prospettiva futura, questa era la scelta giusta da fare.
Sono d'accordo sul fatto che la votazione era messa quasi come ricatto, ma un ricatto realista: ponendo come vittoria il no, se la FIAT non se fosse andata nell'immediato per scelta, lo avrebbe fatto nel futuro per obbligo o per fallimento. La differenza è che dopo sarebbe stato troppo tardi, e l'Italia probabilmente sarebbe arrivata al capolinea per davvero.
Questa è un'opportunità: se verrà sfruttata bene, i sacrifici imposti ad impiegati ed operai verranno ripagati in futuro non solamente a loro, ma all'Italia tutta, grazie agli investimenti sia dell'azienda torinese (che, crescendo, aumenterà gli stipendi, il potere d'acquisto e come conseguenza di tutto ciò, del PIL, giovando a tutti) e dai possibili investitori esteri (altri Marchionne) che porterebbero miliardi di euro nel nostro paese.
Fortunatamente non sono solo io (esclusi i guru dell'economia) a pensare questo, come potete leggere da questa lettera inviata a Pietro Ichino da una giovane precaria.
Non è poi solo una questione, come dire, filosofica, ma è stata provata da uno studio fatto da due grandi economisti, ovvero dal modello di Shapiro e Stiglitz (sì, proprio l'amico di Beppe Grillo) (1984), come scritto in questo articolo su Lavoce.info. A livello macroeconomico infatti (cito):
Per “contratto Fiat” intendo questo: inizialmente, l’impresa introduce un meccanismo di disciplina che riduce le pause di lavoro e prevede controlli più severi per congedi, malattie e assenze. In un secondo tempo, l’impresa effettua investimenti produttivi che aumentano la produttività del lavoro. Il primo effetto del nuovo contratto è di rendere più facile scovare il lavoratore assenteista, per il quale il rischio del licenziamento aumenta: dunque è sufficiente un salario più basso per convincere i lavoratori a essere produttivi senza rischiare il licenziamento. Risultato: si indebolisce la posizione contrattuale dei lavoratori e il salario reale si riduce. Ciò rende più conveniente all’impresa assumere nuovi lavoratori. Dunque nel breve periodo, l’occupazione cresce e i salari reali calano.Segnalo inoltre l'articolo apparso su ChicagoBlog scritto da Oscar Giannino, il quale manifesta una certa preoccupazione per la quantità dei "NO", oltre ad evidenziare la "pericolosità" della Fiom in quanto fa da muro agli sviluppi necessari per l'azienda.
In un secondo tempo, gli investimenti della Fiat accrescono la produttività del lavoro, permettendo all’impresa di pagare un salario maggiore a parità di occupati. La domanda di lavoro da parte dell’impresa aumenta: questo effetto produce una ulteriore crescita dell’occupazione e porta ora anche a un aumento del salario reale.
Conclusione: è ragionevole pensare che il nuovo contratto comporterà un aumento dell’occupazione, sia nel breve che nel medio termine, mentre la riduzione del salario reale, dovuta al peggioramento della posizione contrattuale dei lavoratori, sarà transitoria e tenderà a essere riassorbita quando verranno effettuati i nuovi investimenti.
Detto ciò, aggiungo che, secondo me, bisogna affiancare a questa "riforma" una serie di cambiamenti sociali, politici e strutturali per far sì che veramente tanti investitori stranieri vengano in Italia.
Fino a quando ci saranno al potere politici che si fanno leggi ad personam (e chi, oggi, non ammette questo, o è un bugiardo, o è scemo), avremo un insieme di servizi di comunicazione e trasporti scadente, corruzione e una pressione fiscale impossibile (senza poi la contropartita dei servizi), anche con questo nuovo contratto la vedo più dura.
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