sabato 21 dicembre 2013

Ripudiare il debito pubblico: è davvero una buona idea?

- Articolo originale pubblicato su MySolutionPost -     Mattia Poletti


Qualche tempo fa parlai del debito pubblico e del come ridurlo nel modo sbagliato. In quel post, in particolare, analizzai la proposta molto cara ad una parte del panorama politico italiano e dell’elettorato di adottare una patrimoniale, arrivando a concludere che un’azione di quel tipo avrebbe fatto più danni che altro.
In questo post vado ad analizzare un’altra proposta in voga, soprattutto nel panorama grillino-indignados (ma anche forconi), ovvero la “ribellione contro il debito”. La cosa è semplice: il debito non lo abbiamo creato noi, ci sta strozzando, ergo ripudiamolo.
Sia ben chiaro: ripudiare totalmente o parzialmente il debito equivale a fare default. Ricordate una decina di anni fa il caso dell’Argentina? Ecco, è la stessa identica cosa.
Non pagare il debito comporterebbe da un lato la rottura di un contratto con i creditori (quindi, de facto, rubare i soldi che ci hanno prestato), dall’altro come conseguenza l’esclusione dai mercati finanziari (ovvero, non possiamo più indebitarci o, nel caso, farlo ma a tassi proibitivi).
La cosa curiosa quindi è che nel caso di ripudio, l’Italia sarebbe de facto costretta ad adottare il pareggio di bilancio, lo stesso che viene tanto criticato (non a torto a mio avviso) dai sostenitori della ribellione contro il debito.
Ma chi possiede il debito italiano?
Secondo i dati di Bankitalia, a maggio 2013, i detentori del debito pubblico italiano erano così ripartiti:
  • Banca d’Italia: 4,75%;
  • banche e istituzioni finanziarie: 50,47%;
  • privati (famiglie e imprese): 9,64%;
  • totale detentori Italia: 64,86%;
  • non residenti: 35,14%.
Da precisare che la quota dei non residenti si è quasi dimezzata in cinque anni: nel 2008 infatti essi possedevano circa il 60% dei bond in circolazione. Rispetto però al 2012 la loro quota si è mantenuta costante.
Dai dati quindi si può vedere come da un default i 2/3 dei detentori di debito che perderebbero soldi sono italiani, ciò comporta che non ripagare il debito e gli interessi legati ad esso danneggerebbe per lo più chi risiede in Italia (banche, istituti finanziari e cittadini), ergo il costo verrebbe pagato da italiani!
Ovviamente ora qualcuno mi dirà che solo una minima parte è detenuta dai privati e quindi a rimetterci sarebbero istituzioni finanziarie e le tanto odiate banche. Le cose non sono così semplici, purtroppo.

Se è vero che la quota direttamente detenuta da cittadini ed imprese è minima (il che però non toglie il fatto che lo Stato ruberebbe i risparmi di tante famiglie ed imprese che volevano solamente un investimento sicuro per non perderli. Di nuovo, vedere i pensionati in piazza a protestare per il default argentino), la quota di banche ed altri istituti finanziari tocca indirettamente gli stessi cittadini!
I depositi costituiscono attività per le famiglie (tipiche unità in surplus che depositano in banca il loro denaro) e passività per la banca; su questi la banca pagherà un tasso d'interesse, rendimento per le famiglie. La banca impiegherà il denaro in attività reali o finanziarie come azioni, debito pubblico, mutui, prestiti alle imprese, eccetera, in base al rendimento e al rischio che vogliono avere. Il rendimento su queste costituisce il ricavo della banca. Se ora lo Stato non ripagasse più i suoi debiti, le banche vedrebbero persi i loro investimenti oltre ai ricavi potenziali previsti da essi  (gli interessi sul debito). Di conseguenza, anche i depositi fatti dalle famiglie ne risentirebbero, in più le banche si troverebbero nella condizione di far fronte ad un buco nelle attività e nei ricavi non incassati (e considerando la quantità di titoli di Stato acquistata non più tardi di un anno fa non è nemmeno piccolo), mettendole nelle condizioni di finire per davvero a gambe all’aria. Non c'è bisogno che vi dica chi pagherà i costi di una crisi delle banche.
Se Grillo&Co vogliono davvero ripudiare il debito, lo facciano pure. Ma prima se lo comprino tutto loro. Scommettiamo che cambiano idea?
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