Articolo scritto e pubblicato originariamente su MySolutionPost il 12 maggio 2014
Chi di voi si ricorda lo spread? Il termine più famoso della crisi che stiamo vivendo da oramai 6 anni a questa parte.
Ultimamente è un po’ passato di moda, forse perché siamo distratti da altre vicende (politiche) o forse solo a causa della sua stabilità
a livelli più accettabili rispetto a 2 anni fa (fortunatamente), fatto
sta che è sempre più raro vedere commenti sull’andamento dei tassi di interesse dei titoli a 10 anni dei
Paesi mediterranei rispetto al Bund tedesco. Sono dunque i titoloni
quasi quotidiani sui maggiori giornali italiani in cui venivano mostrate
anche le più piccole variazioni della differenza di rendimento Btp-Bund, sia sotto forma di allarme quando cresceva, sia di contenuta gioia quando diminuiva.
A inizio aprile però il neo premier Matteo Renzi ha tirato fuori l’argomento, annunciando che lo spread “non è mai stato così basso dal 2011”.
Effettivamente è vero, perché un livello a 160-170 punti era tanto
tempo che non si vedeva da queste parti. Molti giornali parlavano (e
tutt’ora continuano) di “Effetto Renzi”, in quanto dalla sua nomina sembra ci sia stato un cambio di marcia positivo del temutissimo spread. Ottima cosa quindi, però da qui a dare i meriti a Renzi come tanti stanno facendo ce ne passa.
Analizziamo il grafico Btp-Bund da un anno a questa parte (da il Sole 24 Ore):
Come è facile notare, dal picco di fine giugno in poi la discesa è sempre stata più o meno costante, fino ad arrivare al minimo del 6 maggio. Sicuramente è una buonissima cosa che farà risparmiare soldi in interessi
nei prossimi anni. Però, vediamo subito che dal 22 febbraio (data
insediamento dell’attuale premier) a oggi siamo passati da 194 punti a
154. Nello stesso arco temporale (fine novembre-inizio dicembre) siamo
passati da valori fra 230 e 240 punti ad appunto 194, quindi il calo è
stato pressappoco identico. Renzi non ha compiuto alcun miracolo da questo punto di vista. Lo spread scendeva prima, ha continuato a scendere anche dopo allo stesso ritmo.
Confrontandolo poi con un Paese membro dei “Pigs”, la Spagna, si nota come anch’esso abbia seguito un trend identico a quello italiano:
Prendendo il Portogallo (altro Paese membro dei “Pigs”),
il calo dello spread è ancora migliore rispetto a quello di Italia e
Spagna: un trend sempre a ribasso, ma più deciso (partiva anche da una
condizione peggiore, sia chiaro):
I dati parlano chiaro: lo spread italiano stava calando già per conto suo. Dopo
l’arrivo di Renzi ha continuato la sua discesa in maniera costante,
senza alcun miglioramento particolare del trend. Stessa cosa vale per i
due Paesi del sud Europa più simili all’Italia (anzi, uno ha fatto
meglio, il Portogallo).
Renzi ha quindi il merito di non aver alterato il trend positivo
presente in tutti i Paesi del Sud Europa. Sempre che si possa chiamare
merito…
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